1989 – storia di Faruk - Centro Culturale Jacopo Lombardini


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1989 – storia di Faruk


Nel nome di Dio clemente e misericordioso
Nel nome di Dio clemente e misericordioso
Mi chiamo Belgacem Albelwahad (Faruk per gli amici perché è più facile), ho 27 anni, celibe, sono medico dentista e professore di fisica nella scuola di base (corrispondente alla scuola media in Italia), la mia famiglia è algerina e in famiglia siamo in 11 (8 maschi e 3 femmine), più la mamma (il papà è morto).

Quand’ero in Algeria facevo parte dell’UNJA (equivalente della FGCI) e di un gruppo d’insegnanti che in modo volontario dà un aiuto ai giovani delle famiglie più povere che non sono in grado di permettersi il lusso di pagare degli insegnanti presso l’UNJA. Ero responsabile dell’ufficio Formazione-Informazione che svolge un’attività nell’ambito dei giovani, soprattutto fra quanti non riescono a terminare gli studi, promuovendo attività culturali e manuali che costituiscono in qualche modo una prevenzione nei confronti della delinquenza giovanile.

Dopo la fine dei miei studi, ho deciso di partire per la Svizzera per farmi una specializzazione (naturalmente a spese mie, non a spese dello stato). Arrivato là ho dovuto aspettare l’arrivo del professor “Yoho” che era in congedo, per sapere se potevo essere accettato. Quando è rientrato ho avuto un colloquio con la sua segretaria. Risultato: dovevo avere il permesso da parte delle autorità svizzere e mi hanno chiesto la bella cifra di 18.000 FS (cioè circa 14.000.000 di lire) quale garanzia di sussistenza; oppure avrei dovuto trovare qualcuno che mi prendeva a carico. Siccome sia l’una che l’altra possibilità erano fuori dalla mia portata, ho dovuto lasciare la Svizzera, questo famoso paese “neutrale” che poi tanto neutrale non è con gli africani e ancor meno con gli arabi (e poiché io sono sia africano che arabo figuratevi la mia situazione!). Mentre ero in Svizzera ho sentito parlare dell’Italia come di un Paese senza tanti pregiudizi nei nostri confronti, un paese nel quale c’è già la gente del Sud, e ho deciso di venirci.

Così il 18 settembre sono arrivato alla stazione di Milano. All’inizio sono stato ospitato dalla Chiesa di San Martino e ho preso contatto con i medici del NAGA che mi hanno cercato un posto più stabile visto che la chiesa mi ospitava solo per 15 giorni.

Così sono venuto in contatto con il Centro Lombardini: il primo rapporto è stato con Mimmo che mi aspettava davanti alla scuola, siamo saliti al 4° piano dove ho incontrato Michele e Felicia. Abbiamo preso un caffè aspettando il pranzo. Dopo ho conosciuto gli altri: Roberta, Daniele, Davide, Gianni, Vittorio e Maurizio e qualche giorno dopo Marco che era fuori Milano. Dopo pranzo mi è stata indicata una stanza e ho dovuto chiedere che ospitassero anche un mio amico, anche lui algerino.

Poi avevo trovato un lavoro e sono partito: ma appena arrivato e iniziato questo lavoro (vendere libri) ho dovuto subire tali e tante umiliazioni dalla gente, oltre a dover raccontare balle per vendere qualcosa, che non ce l’ho fatta e sono tornato a Milano. Ho telefonato al Lombardini per chiedere che mi tenessero le valigie: le ho portate lì e ho parlato un po’ con Daniele, che mi ha chiesto dove sarei andato a dormire. Ho dovuto confessare che sarei andato a dormire in una macchina insieme ad un tunisino: Daniele mi ha subito detto che potevo ritornare a dormire al Centro. Da allora sono qui ma un po’ con la sensazione di pesare sugli altri, specialmente dopo aver visto in bacheca il cartello nel quale accanto ad ogni nome dei membri della comune c’è la somma che versano ogni mese. E io invece non posso mettere niente! Naturalmente nessuno ha mai fatto cenno a questo, ma io mi sento un po’ a disagio, mi sento un po’ come un handicappato che vede gli altri correre e lui non può camminare.

Mimmo che conosce i miei progetti per l’Inghilterra ha proposto di aiutarmi per il viaggio, cosa che non potevo e che penso non potrò mai accettare.

Ecco qua la mia storia, voglio naturalmente concludere ringraziando tutto questo gruppo che mi ha accettato e aiutato chi in un modo chi nell’altro: Mimmo che mi da le sigarette quando ho voglia di fumare, Daniele che mi ascolta ogni tanto quando il morale è a terra, Manfredo che ogni tanto mi porta con lui la sera e mi offre uno svago, Felicia che di mattina mi insegna l’italiano e che già considero come la mia seconda mamma (dico sul serio), Michele che si è dannato per trovarmi un posto presso un dentista privato, Marco e Roberta che mi hanno offerto continuamente di mangiare a tavola e mi coinvolgono nelle cose da fare alla comune o per il Lombardini (e questo mi ha fatto sentire un po’ più a casa), Davide con il quale faccio delle belle partite a scacchi, e devo dire che è un notevole avversario, senza dimenticare tutti gli altri, Gianni, Maurizio, Vittorio e Pina.
Grazie a tutti dal fondo del cuore.

Faruk


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