1990 – Ci si sente a casa - Centro Culturale Jacopo Lombardini


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1990 – Ci si sente a casa

Mi chiamo Juan Carlos, ho 26 anni e sono colombiano. Quando, nel 1988, l’Accademia delle belle arti del mio paese è stata chiusa dal governo a causa delle manifestazioni e degli scontri scoppiati per protestare contro i tagli dei finanziamenti, ho dovuto lasciare il mio paese e sono arrivato in Italia con l’aiuto di un’amica. I primi tempi a Milano sono stati duri: per i modi di vita assai diversi da quelli a cui ero abituato, per la lingua. A poco a poco mi sono ambientato e ho trovato lavoro presso un fotografo milanese. A Milano frequentavo la Lega per i diritti dei popoli: qui ho conosciuto Daniele Zuffanti che mi ha parlato del Lombardini. Dato che ero solo e la solitudine mi pesava, l’idea di vivere in una comunità mi è subito piaciuta: ci sono stato in visita, poi ho chiesto di far parte del gruppo e così dall’aprile del 1990 sono qui.

Come immigrato ho l’impressione che l’Italia, al di là di alcune manifestazioni di razzismo, è in realtà un paese dove ci si può integrare con una certa facilità. In particolare al Lombardini si crea uno spazio familiare in cui si possono confrontare culture diverse: credo che sia un posto unico, se lo si confronta con i normali centri di accoglienza, che, anche involontariamente, si trasformano in un ghetto per gli immigrati. Insomma al Lombardini ci si sente a casa: e questa è una delle sensazioni più belle che una persona che vive lontano dalla sua vera casa possa provare.
In questi giorni in cui si vive con angoscia per il conflitto scatenato nel Golfo, ci si rende inoltre conto che un luogo come il Lombardini diventa un punto di incontro e di riflessione quotidiana sul valore della vita umana.

Quando mi chiedono cosa penso dell’Italia, rispondo che ormai, in un certo senso, è già parte di me e che vi rimarrò ancora una buona parte della mia vita. Anche se sento molto la mancanza della mia famiglia, dei miei amici, credo di aver trovato molti nuovi affetti e, con molta probabilità, mi creerò una mia famiglia qui. Poi si vedrà.
Vi lascio con una frase di Edoardo Galeano, riferita al mio paese, dal quale, per i motivi che lui dice, ho dovuto partire:

L’America Latina, si sa, è il regno del rovescio:
i giudici condannano le vittime
i militari sono in guerra con i loro compatrioti
la polizia non combatte i crimini
perché è occupata a commetterli.
I funzionari non funzionano
i banchieri prestano denaro ai banchieri
gli elettori non votano o se votano
non eleggono
i mezzi di informazione non informano
i centri di insegnamento insegnano
ad ignorare

Juan Carlos


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