Mi è stato chiesto di scrivere qualcosa sui miei 19 anni passati alla Comune. Lo si chiede a chi ha vissuto una lunga esperienza pensando che abbia molto da dire (ma potrebbe essere il contrario): sono infatti le prime impressioni, le prime sensazioni quelle che restano più a lungo nella memoria … e le ultime.
Ho iniziato 19 anni or sono quel viaggio con mio figlio di 4 anni, venivamo da un matrimonio finito su di un binario morto. Era quello il periodo dell’impegno nella scuola serale, dell’amicizia con i giovani e i meno giovani studenti del Lombardini; era la ‘giovinezza’ della Comune, del Circolo, della vita insieme anche al IV piano. Un gruppo di compagni di viaggio: bambini, adulti, singoli ed accompagnati, fratelli che venivano da esperienze diverse e che volevano lavorare assieme.
Tutto, o quasi, era finalizzato alla scuola, all’impegno, al dovere. Eravamo sobri, austeri, efficienti, forse un po’ noiosi, ma tutto funzionava, eravamo ammirati. Dovevamo vivere con discrezione, in punta di piedi senza far troppo rumore (anche perché dava fastidio ai vicini). Nelle feste e nelle gite ci liberavamo con canti, balli e mascheramenti, ed era sempre la scuola al centro dei nostri interessi e delle nostre iniziative. La mia vita era divisa fra la Comune e la vita in famiglia, non senza qualche difficoltà.
Al primo gruppo dei ‘comunardi’ qualcuno si era aggiunto e altri erano andati per sempre, ci si lasciava con qualche tristezza, ma si aspettavano i nuovi amici con fiducia per il lavoro a Cinisello. Erano gli anni della solidarietà e dell’aiuto verso chi fuggiva dall’oppressione e dalla violenza; gli anni della concretezza e della maturità della comune.
Il viaggio è continuato in anni più pesanti e cupi. Sono stati momenti di ripiegamento su noi stessi, di bisogno di conoscere e di capire di più delle nostre vite; gli anni delle affinità personali e anche delle tenerezze. Poi è venuto il momento dei progetti per il ‘dopo’. Sapevamo che non saremmo stati insieme per sempre, ma avevamo quasi un timore nel dircelo, e le partenze dei ‘primi’ comunardi mi hanno dolorosamente stupito. L’esperienza si stava esaurendo, si cercava e si cerca altro, ci si divideva pur senza dimenticarsi. Anch’io, dopo 19 anni, ho lasciato.
Riprovo ora un’esperienza di coppia, ripensando con simpatia e con nostalgia a quel lungo pezzo di vita al Lombardini: un punto di riferimento fermo, e piacevole, anche per gli anni che verranno.
Enrico Pavoni