1971 – 1972 La scuola è uno strumento superato? - Centro Culturale Jacopo Lombardini


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1971 – 1972 La scuola è uno strumento superato?

La vita della scuola serale si è sviluppata in un quadro di idee e di problemi sensibilmente diverso rispetto agli anni precedenti:
  • anzitutto, veniva a concludersi, con quest’anno, un ciclo di lavoro iniziato nel 1968, ed anche largamente ispirato dagli stimoli, dalle idee ricevute dal ’68: terminato questo ciclo, ed esauritasi una certa formula non era il caso di considerare come conclusa anche la fase di validità della nostra “scuola”? Non era il caso di chiudere la scuola, visto che il suo primo scopo, l’inserimento nel tessuto vivo nella società locale era ormai stato raggiunto, e sostituirla con qualcos’altro? Ad esempio con un vero e proprio circolo culturale, orientato sui problemi sociali più brucianti dell’ora attuale, ed aperto a quelle numerose persone impegnate nel mondo operaio che cercano punti di riferimento e momenti d’incontro?
    Di fronte alla gravità dei compiti che incombono su chiunque sia consapevole delle sue responsabilità di fronte al mondo operaio, non era sproporzionato dedicare tante energie a una semplice scuola serale? Dopo ampia e matura riflessione, la risposta a questa domanda è stata un deciso no: i primi quattro anni di vita della scuola sono stati la fase di collaudo di un’esperienza che non è destinata a chiudersi in un breve volgersi di tempo, e che anzi va allargata e approfondita.
    In questo senso, decisivo è stato il parere degli ex allievi della scuola, i quali sono stati unanimemente favorevoli alla continuazione della sua attività ed hanno assunto una posizione di primo piano nell’insegnamento e nella gestione del Centro.
  • Bisogna tuttavia notare che il giudizio positivo dato sul “Lombardini” non lo investe al livello semplicemente scolastico: ciò che interessa non è tanto il conseguimento del “pezzo di carta” (pur prezioso), quanto il fatto che questo tipo di “scuola” fornisce una preparazione di base che può essere usata in modi diversi dagli ex allievi, che ne arricchisce la personalità e la chiarezza di idee, pur rispettandone la libertà.

La decisione di tenere aperta la scuola ancora per alcuni anni era già stata presa da tempo, quando siamo venuti a conoscenza dei risultati di un’inchiesta svolta dai sindacati tra i lavoratori-studenti di Sesto S. Giovanni: il 40% degli intervistati rispondeva di no alla domanda relativa alle possibilità di avanzamento dopo il conseguimento del diploma, e il 32,8% dichiarava di essere andato alla scuola serale per migliorare le proprie condizioni generali e per esigenze culturali. Che non si tratti di motivazioni superficiali, è dimostrato dal fatto che, sempre a Sesto, il 43,7% degli studenti-lavoratori si è preso l’esaurimento, o malattie da affaticamento, dopo l’inizio della scuola.
C’è dunque qualcosa di profondamente serio dietro il fenomeno dell’interessamento dei giovani lavoratori per la scuola serale: da una parte, il fatto oggettivo, riscontrabile in tutta Italia, del parallelo accrescersi della scuola diurna e della serale, frutto questo delle particolari condizioni in cui avviene lo sviluppo sociale e civile del nostro Paese; dall’altra, a livello soggettivo, il desiderio di “andare avanti” in un modo non carrieristico, ma pure reale.
Questa situazione può aiutarci a comprendere come mai l’apertura di una buona scuola serale comunale a Cinisello (autunno 1971) non abbia diminuito l’afflusso di allievi ai nostri corsi..

Acquisita (e rivelatasi poi savia e realistica) la decisione di tenere aperta la scuola, si ponevano diversi problemi pratici:
  • anzitutto il problema del funzionamento della scuola stessa: periodiche assemblee del gruppo scuola (cioè degli insegnanti e degli allievi) e assemblee delle singole classi hanno mantenuto le responsabilità decisionali per tutti i problemi di fondo; mentre una snella segreteria ha condotto avanti la normale amministrazione, ed assicurato il collegamento all’interno e all’esterno del gruppo.
  • il problema degli esami, che in passato ci aveva creato non poche difficoltà a causa del carattere non tradizionale dei nostri programmi e del metodo non autoritario dell’insegnamento, ha trovato quest’anno una soluzione positiva. Abbiamo infatti avuto l’occasione di partecipare attivamente, fin dall’inizio, a un movimento spontaneo emerso a Milano nell’autunno 1971: il “Collettivo lavoratori-studenti”; nato da una felice esperienza compiuta da un gruppo di scuole milanesi negli esami del giugno 1971, questo “Collettivo” ha avanzato nelle sedi competenti, la rivendicazione che ai lavoratori-studenti venisse riconosciuto il diritto di essere esaminati da commissioni apposite, in orari distinti rispetto agli esami delle scuole diurne, e con un’accettazione di principio della possibilità di presentare all’esame dei programmi adeguati alla loro effettiva realtà vitale e culturale. Si chiedeva insomma che questi adulti venissero esaminati come degli adulti, e non come dei bambini.
    Questa rivendicazione è stata accolta (anche se non ancora generalizzata), e ha permesso di avere un tipo di esame nuovo: non più un controllo che oscillava tra atteggiamenti paternalistici e momenti repressivi, ma un vero incontro nel quale professori e lavoratori procedevano insieme ad una serena verifica del lavoro svolto e della sua validità.
    Il risultato non è stato solo lusinghiero per la nostra scuola (che questa volta ha visto fioccare gli “ottimo” sui suoi candidati); il risultato più importante è stato un altro: che gli “allievi”, quando hanno visto venir meno il volto repressivo e “fiscale” dell’esame, si sono impegnati molto di più, facendosi un punto d’onore di dimostrare che non venivano ad accettare una promozione qualsiasi; in definitiva l’esame è stata la lezione più importante, e in un certo senso più fruttuosa, di tutto l’anno.
  • d’altra parte, proprio l’esistenza di questo nuovo tipo di esame, unito al logoramento della formula su cui la nostra scuola si era retta per quattro anni, ci hanno portati a porci la domanda: i nostri programmi, che nel ’68 apparivano chiaramente innovativi, non debbono per caso essere riveduti se non interamente trasformati? Perciò, fin dalla primavera, si è messa all’opera una commissione che ha proposto un nuovo tipo di programma, che potrebbe costituire la nuova “formula-base” per i prossimi anni di lavoro.


Un nuovo progetto di programma è così stato elaborato, passato al vaglio di diverse assemblee del “gruppo scuola” ed infine approvato. Solo la sperimentazione pratica dirà in quale misura esso sia realizzabile. Basti dire per ora che esso ha attirato un buon numero di energie nuove, colmando i vuoti che si formavano nel “corpo insegnante” e insegnanti vecchi e nuovi sono accomunati nel tentativo di dar corpo a un programma che parta dalla realtà in cui vivono quotidianamente dei giovani lavoratori per poi giungere a uno studio di più ampio respiro. Né è da escludere una eventuale compenetrazione del vecchio programma, prevalentemente imperniato sulla storia, col nuovo, più direttamente legato all’attualità sociale. Su questa sperimentazione si apre, con buone prospettive, il lavoro dell’anno scolastico 1972-73.


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