Storia di Lombardini, ispiratore della comune di Cinisello - Centro Culturale Jacopo Lombardini


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Storia di Lombardini, ispiratore della comune di Cinisello

Predicatore valdese, antifascista, morì a Mauthausen il 25 aprile del ’45. Un gruppo di cinisellesi fondò in suo nome una scuola popolare nel 1968

Nell’aprile del 1945 un uomo alto e magro entrava nella camera a gas del lager di Mauthausen: era Jacopo Lombardini. Con lui c’erano altri deportati, giovani partigiani, ebrei, le ultime vittime del fascismo e del nazismo che varcavano quella tragica soglia nel cuore dell’Austria, annessa alla Germania. Il viso lungo e affilato, quasi scarno, due baffetti sottili in contrapposizione alle sopracciglia marcate, la fronte alta e stempiata, lo sguardo attento e pensoso dietro gli occhiali rotondi da studioso; così ci appare oggi, in una delle poche immagini che conserviamo di lui, un intellettuale, un educatore, un maestro nel senso ampio del termine. Non era un cinisellese, ma il suo nome è divenuto parte integrante della storia della nostra città da quando a lui fu intitolato un Centro culturale valdese.

In questi giorni cade l’anniversario della sua nascita; nacque infatti 130 anni fa, il 13 dicembre 1892 a Gragnana (frazione di Carrara). Lombardini, cresciuto in un’umile famiglia di cavatori di marmo delle Alpi Apuane, era giunto al diploma magistrale dopo grandi sacrifici. Agli ideali mazziniani della famiglia rimase sempre legato, iscrivendosi al Partito Repubblicano e collaborando con unperiodico di quell’area. Pur essendo stato interventista nel corso della Prima Guerra Mondiale, durante il biennio 1921-1922, antifascista convinto, subì numerose aggressioni da parte degli squadristi. Fu picchiato e deriso e, con l’avvento del fascismo, gli fu impedito di svolgere non solo la professione di insegnante, ma anche qualsiasi altro lavoro, tanto che
dovette mantenersi impartendo lezioni private.

In quegli anni violenti aveva trovato la fede in Dio. Nel ‘21 ci fu infatti la conversione alla fede evangelica e nel ‘23-‘24 studiò Teologia presso la Facoltà Valdese di Roma. Durante la dittatura le chiese evangeliche erano controllate e talvolta perseguitate dal regime, le loro riviste censurate e chiuse. Lombardini divenne predicatore e ruppe il silenzio che gli era stato imposto, annunciando la sua fede e impegnandosi a diffondere tra i giovani gli ideali antifascisti, quell’educazione alla libertà che era propria dell’evangelismo italiano e che portò tanti suoi membri alla lotta contro il fascismo, talvolta a prezzo della vita. Nel ‘40 si trasferì a Torino, dove fu assunto come educatore nel Convitto di Torre Pellice. Nel ‘43 aderì al Partito d’Azione e dopo l’8 settembre (Armistizio), quando iniziò la Resistenza, già cinquantatreenne, scelse di partecipare alla lotta insieme ai montanari valdesi e ai tanti giovani cui aveva pazientemente spiegato per anni le menzogne fasciste. Quei giovani lo accettarono volentieri come compagno di lotta e anche comepredicatore evangelico. Prese così la via dei monti e divenne partigiano nelle formazioni Giustizia e Libertà (V Divisione Alpina Sergio Toja) con il ruolo di Commissario politico e con il nome di battaglia di Professore. Nell’ultima lettera alla sorella, parlando della sua scelta, scriveva così: “Pur essendo del tutto disarmato, è logico che io corra gli stessi pericoli dei miei compagni che hanno deciso di salvare con le armi l'Italia e di dare al popolo d'Italia un regime giusto e libero. Ho accettato di fare questo come un dovere, perché non ho mai cessato di amare la libertà”.

Il 24 marzo ‘44, nel corso di un grande rastrellamento a Colle Giuliano, tra la val Germanasca e la val Pellice, compiuto da SS italiane e reparti tedeschi, fu catturato dopo un conflitto a fuoco. Condotto nella caserma di Bobbio Pellice, fu sottoposto a pesanti interrogatori e torturato. Venne trasferito in seguito in diverse caserme, fino a giungere alle Carceri Nuove di Torino. Da lì iniziò la sua lunga Via Crucis da un lager a un altro: il 31 marzo Fossoli, dal 21 luglio al 4 agosto Bolzano. Il 7 agosto fu trasferito (tramite la polizia di sicurezza nazista Sipo di Verona) a Mauthausen dove, registrato come prigioniero Sch (fermo precauzionale), gli fu assegnata la matricola 82400. Il 13 agosto venne trasferito al campo di Gusen II, il 28 dicembre nel Revier (infermeria) di Gusen e il 13 marzo ‘45 in quello di Mauthausen. Il 22, 24 e 25 aprile furono tre giorni dimassacro: 408 deportati provenienti dal Revier di Mauthausen, traquesti 84 italiani, furono uccisi nella camera a gas. Anche se nessuna fonte lo testimonia è molto probabile che tra di loro ci fosse anche Jacopo Lombardini. Per questa ragione levarie biografie pubblicate riportano date differenti riferite alla sua morte (24 o 25 aprile). Nel corso di più di otto mesi Jacopo Lombardini era riuscito a sopravvivere resistendo ai maltrattamenti e alla denutrizione, confortando e aiutando i suoi compagni di deportazione e, proprio quando in tutta Italia si festeggiava la Liberazione, che egli aveva lungamente atteso e per cui aveva lottato inerme, con la sola forza dei suoi ideali, per lui si aprirono le porte della camera a gas.

Nel dopoguerra fu insignito della Medaglia d’argento al valor militare alla memoria con la seguente motivazione: “Uomo di cultura e patriota di sicura fede fu, subito dopo l’Armistizio, animatore infaticabile della Lotta di Liberazione in val Pellice e in val Germanasca, conosciuto ed amato dai giovani che andava ammaestrando nella fede alla Libertà ed alla Patria. Caduto in mani tedesche nel corso di un duro rastrellamento e crudelmente seviziato, manteneva contegno elevato ed esemplare affrontando sempre con cristiana serenità il duro calvario dei campi di concentramento. Barbaramente suppliziato chiudeva l’esistenza nel servizio dei più nobili ideali”. A Gragnana, suo paese natale, gli sono state intitolate una scuola primaria e una via cittadina e nella piazza principale gli è stata dedicata una lapide, realizzata dal Partito d’Azione, posata il 26 maggio ‘45. L’artista carrarese Pietro Pelliccia dipinse un ritratto, olio su tela, raffigurante Lombardini, che ora si trova presso il Comune di Carrara.

Jacopo Lombardini non era un eroe. Era un credente che aveva voluto vivere la sua vita in modo coerente, attraverso un impegno pieno nella realtà sociale e politica. Il fascismo non gli aveva permesso di insegnare nelle scuole statali, ma lui era stato egualmente un maestro. Per questa ragione, nel ’66 alcuni giovani evangelici di Milano pensarono a lui quando decisero di vivere un impegno sociale e di fede in concreta solidarietà con la classe lavoratrice. Diedero vita a una nuova realtà associativa che vide protagonista il pastore Giorgio Bouchard, che lo aveva conosciuto personalmente. L'iniziativa doveva avere luogo nella periferia milanese, dove sviluppo industriale e immigrazione erano in continuo aumento e l'interlocutore sarebbe stato il proletariato.

Al gruppo si aggiunsero cattolici, credenti senza chiesa, atei. L’1 ottobre ‘68 fu aperta una scuola serale popolare e contemporaneamente una parte del gruppo andò a vivere nello stesso edificio della scuola, in via Monte Grappa 62/b a Cinisello. Iniziò così un esperimento di vita comunitaria: la Comune. Si trattava di operai, impiegati e insegnanti che avevano organizzato la loro vita all’insegna della solidarietà e dell’aiuto reciproco, attraverso un sistema di contribuzione in base al proprio reddito. La scuola serale in circa trent’anni portò oltre mille, tra adulti e ragazzi, alla licenza media e, negli ultimi anni, a loro si aggiunsero molti immigrati cui veniva insegnato l’italiano.

La volontà di alcuni giovani ex studenti di rimanere in contatto gli uni con gli altri e con la Comune portò alla creazione di un circolo culturale d’iniziativa e di approfondimento politico. Con grande anticipo e lungimiranza si sostenne strenuamente l’idea che la convivenza di culture, fedi religiose, passioni politiche diverse, rappresentasse una ricchezza e non un problema. L’originalità di questa proposta ne fa un esempio unico in Italia, tuttora valido come metodo di solidarietà, ma soprattutto di confronto tra le diversità. Non mancò una passione internazionalista che vide l’accoglienza dei rifugiati politici cileni nel 1973, un progetto di solidarietà con l’African National Congress di Nelson Mandela e l’ospitalità a profughi provenienti da Argentina, Uruguay e Kurdistan.

Insegnamento e partecipazione, antifascismo e passione politica, predicazione e testimonianza, su questi elementi si fondò la storia del Centro culturale Jacopo Lombardini che divenne uno dei protagonisti della crescita culturale della città negli anni della sua maggiore espansione demografica dovuta all’immigrazione, e che rappresentò un’esperienza unica e indimenticabile, in cui gli ideali di quel grande educatore delle coscienze che fu il Professore tornarono a vivere.

Patrizia Rulli
La Città
Storia Locale - martedì 13 dicembre 2022
https://www.lacittadelnordmilano.it/


Un ringraziamento a Paolo Bogo e Marcella Giampiccoli, Centro culturale J.Lombardini e un ricordo di Peppino Valota, ANED Sesto San Giovanni, grazie al quale è stato possibile ricostruire la vicenda della deportazione di Jacopo Lombardini.


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Il Lombardini in TV

RAI STORIA - Ritorno al presente: "La comune di Cinisello - Una porta sempre aperta"
Prima parte
Seconda parte
Terza parte

RAI - Invece della Famiglia
"Le Comuni: Italia"
Dal minuto 27,46 si parla della comune del Lombardini.

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50 anni di Centro Culturale Jacopo Lombardini a Cinisello Balsamo


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